AUTOVELOX COLLOCATO IN UNA POSTAZIONE FISSA NON DECRETATA DAL PREFETTO
12 dicembreIl caso preso in esame dalla Corte di Cassazione, trova fondamento proprio dal verbale che si evince il dato decisivo secondo il quale la strumentazione per l’accertamento della velocitò era collocato ad una decina di chilometri dall'area esclusa dall'obbligo di contestazione da parte della Polizia Locale.
La Pubblica Amministrazione, per l’effettuazione dei controlli in remoto della velocità, di cui al dettato dell’art. 142 C.d.S., è tenuta ad apporre idonea segnaletica che riporti le seguenti indicazioni: il tratto di strada su cui l’accertamento viene effettuato; il tipo di accertamento, cioè che esso avviene con meccanismi automatici e senza l’obbligo di contestazione immediata, come previsto dal novellato della Legge 168/2002.
Infatti, la Legge 1° agosto 2002, n. 168, avente ad oggetto:
"Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 20 giugno 2002, n. 121, recante disposizioni urgenti per garantire la sicurezza nella circolazione stradale", all’art. 4, prevede che sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali di cui all'articolo 2, comma 2, lettere A e B, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, gli organi di polizia stradale del medesimo decreto legislativo, secondo le direttive fornite dal Ministero dell'interno, sentito il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, possono utilizzare o installare dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico, di cui viene data informazione agli automobilisti, finalizzati al rilevamento a distanza delle violazioni alle norme di comportamento di cui agli articoli 142 e 148 dello stesso decreto legislativo, e successive modificazioni. I predetti dispositivi o mezzi tecnici di controllo possono essere altresì utilizzati o installati sulle strade di cui all'articolo 2, comma 2, lettere C e D, del citato decreto legislativo, ovvero su singoli tratti di esse, individuati con apposito decreto del prefetto.
Il Prefetto, sentiti gli organi di polizia stradale competenti per territorio e su conforme parere degli enti proprietari, individua le strade, diverse dalle autostrade o dalle strade extraurbane principali, ovvero singoli tratti di esse, tenendo conto del tasso di incidentalità, delle condizioni strutturali, plano-altimetriche e di traffico per le quali non è possibile il fermo di un veicolo senza recare pregiudizio alla sicurezza della circolazione, alla fluidità del traffico o all’incolumità degli agenti operanti e dei soggetti controllati. La medesima procedura si applica anche per le successive integrazioni o modifiche dell'elenco delle strade di cui al precedente periodo.
La violazione deve essere documentata con sistemi fotografici, di ripresa video o con analoghi dispositivi che, nel rispetto delle esigenze correlate alla tutela della riservatezza personale, consentano di accertare, anche in tempi successivi, le modalità di svolgimento dei fatti costituenti illecito amministrativo, nonché i dati di immatricolazione del veicolo ovvero il responsabile della circolazione. Se vengono utilizzati dispositivi che consentono di accertare in modo automatico la violazione, senza la presenza o il diretto intervento degli agenti preposti, gli stessi devono essere approvati od omologati ai sensi dell'articolo 45, comma 6, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, che così enuncia : “Nel regolamento sono precisati i segnali, i dispositivi, le apparecchiature e gli altri mezzi tecnici di controllo e regolazione del traffico, nonché quelli atti all'accertamento e al rilevamento automatico delle violazioni alle norme di circolazione, ed i materiali che per la loro fabbricazione e diffusione, sono soggetti all'approvazione od omologazione da parte del Ministero dei lavori pubblici, previo accertamento delle caratteristiche geometriche, fotometriche, funzionali, di idoneità e di quanto altro necessario. Nello stesso regolamento sono precisate altresì le modalità di omologazione e di approvazione”.
È opportuno una riflessione sulla sentenza della Corte Costituzionale, del 29 aprile-18 giugno 2015, n. 113 (Gazz. Uff. 24 giugno 2015, n. 25 – Prima serie speciale), la quale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del presente comma, nella parte in cui non prevede che tutte le apparecchiature impiegate nell’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità siano sottoposte a verifiche periodiche di funzionalità e di taratura.
Pertanto, nel caso di rilevazioni e successive notificazione delle infrazioni per l’eccesso di velocità con le c.d. postazioni fisse, di cui alla Legge 168/2002, non vi è l’obbligo della contestazione.
Interessante è la sentenza della Corte di Cassazione, sez. VI Civile, pubblicata del 5 dicembre 2016, n. 24751, la quale ha sentenziato il caso di specie, dal quale si evince dal verbale che l’autovelox automatico, con il quale era stata accertata l'infrazione era collocato ad una decina di chilometri dall'area esclusa dall'obbligo di contestazione da parte della Polizia Locale.
Nella stessa sentenza si legge.
“La contestazione immediata deve, dunque, essere effettuata se e quando sia possibile in relazione alle modalità di organizzazione del servizio predisposto dall'Amministrazione secondo il suo insindacabile giudizio, servizio il cui fine istituzionale è pur sempre quello di reprimere comportamenti pericolosi per la regolarità della circolazione e la vita degli utenti delle strade, mentre può legittimamente non essere effettuata in ogni altro caso in cui sia stato comunque impossibile procedervi.
L'indicazione, poi, nel verbale di contestazione notificato, d'una ragione che rendesse ammissibile la contestazione differita dell'infrazione, rende ipso facto legittimo il verbale e la conseguente irrogazione della sanzione, senza che, in proposito, sussista alcun margine d'apprezzamento, in sede giudiziaria, circa la possibilità concreta di contestazione immediata della violazione, dovendo escludersi che il sindacato del giudice dell'opposizione possa riguardare le scelte organizzative dell'amministrazione”.
A nulla è valsa la tesi difensiva dell’Ente, la quale per la specie, in questione come prospettata, aveva dedotto da una successiva integrazione del decreto prefettizio, ritenuta dalla sentenza non applicabile ratione temporis appunto perché successiva alla contestazione, statuizione sostanzialmente non censurata.